Storia del Comune

La storia di Samassi dalle origini al periodo Sabaudo

Storia del comune

Descrizione

Le origini e il prenuragico
Samassi, il cui centro abitato è attraversato dal Flumini Mannu (o Rio Samassi), corso d’acqua a carattere torrentizio, manifesta sin dalle sue origini una spiccata propensione per l’agricoltura, favorita fino all’ultimo dopoguerra, oltre che dalla presenza del fiume, anche dalla vicinanza dell’imponente Stagno di Sanluri (2.200 Kmq. e 3 metri di profondità per un totale di 6 milioni di metri cubi) che, ora prosciugato, garantiva fino a quel tempo al paese un clima mitigato assai propizio alle colture ed agli ulivi. Le sue campagne, a 60 metri sul livello del mare, sono in gran parte razionalmente irrigate e coltivate e producono cereali, frutta, carciofi, ortaggi, legumi e uve per vini, prodotti e commercializzati in massima parte da due importanti cooperative ortofrutticole e da una moderna industria di trasformazione alimentare.
primi insediamenti umani ritrovati a Samassi risalgono al neolitico recente, intorno al 3500 a.C., ma ancora in gran parte sconosciuta appare quella storia millenaria che i numerosi reperti archeologici che qua e là riaffiorano nelle sue campagne testimoniano. Nel suo territorio sono stati trovati reperti risalenti a periodo prenuragico come asce, teste di mazza, fusoliere e oggetti di ossidiana utili alla caccia e alle attività domestiche. Sono tanti infatti i ritrovamenti casuali fatti sopratutto in regione Palaziu appartenenti alla cultura Bunnannaro o a quella Monte Claro. Di particolare risonanza fu il ritrovamento, in località Sa Mandara, di due idoli raffiguranti la Dea Madre, probabilmente appartenenti alla cultura di San Michele di Ozieri, ora esposti al Museo Archeologico di Cagliari.
La località Palamuras, secondo la tradizione paesana, sarebbe stata sede di un vasto insediamento sui resti di una più antica civiltà prenuragica. In località Sta(n)i sono chiaramente visibili sul terreno gli avanzi di un nuraghe, nel quale sono stati rinvenuti un pugnale di rame e una torretta nuragica in arenaria bianca. Altro nuraghe meritevole di attenzione e’ quello tuttora esistente in località Sa Uga. Sono infatti evidenti due filari di arenaria sbozzata, nonostante i mezzi agricoli abbiano modificato notevolmente la struttura superficiale del terreno.
Nelle località Palamuras, Stani, Staineddu, Palatziu, Sa Uga, Santa Maria, Perda Mois sono stati ritrovati numerosi resti di villaggi e sepolcreti che documentano ampiamente il passaggio ed il soggiorno della civiltà romana. Samassi quindi diventa in epoca romana una fra le più importanti comunità rurali del Campidano visto che l’intera zona agricola samassese permetteva di acquisire ingenti quantitativi di grano e cereali.

Le notizie storiche qui presentate sono tratte dal volume:
Antonio ZACCHEDDU, “Le pietre dimenticate. Pagine di storia samassese”, di prossima pubblicazione. E’ vietata la riproduzione parziale o integrale non autorizzata.

 

Il periodo romanico e vandalico
Intorno al 455 D.C., a causa della decadenza dell’impero Romano la Sardegna venne conquistata dai Vandali. Il loro passaggio e’ ampiamente documentato dalla presenza di una necropoli rinvenuta recentemente in ottimo stato di conservazione nel colle sul quale è situata l’attuale chiesa di San Geminiano. La necropoli è costituita da alcune tombe camera realizzate con blocchi trachitici squadrati dia notevoli dimensioni con volta a botte chiusa centralmente con lastra a chiave di volta. La scoperta di questa necropoli riveste un eccezionale interesse scientifico in quanto rappresenta uno dei pochi esempi di architettura Vandalica in Sardegna. Durante tutto il successivo periodo di dominazione Bizantina la Sardegna rimane alle dipendenze dell’ Esarcato Africano. La testimonianza del passaggio dei Bizantini a Samassi non e’ facilmente documentabile, gli unici segni di valore estetico sono presenti in alcuni ornamenti architettonici nella chiesa di San Geminiano.

Dai primi anni del 700 i Maomettani, approfittando dell’inadeguata protezione Bizantina, iniziarono una serie di scorrerie nelle coste meridionali della Sardegna. I Sardi per difendere i propri beni scampati alle angherie del dominio Bizantino si recano dall’imperatore per stipulare un’alleanza difensiva che porterà alla creazione dei Giudicati. Nello stesso periodo, con il miglioramento dell’economia locale nella zona agricola di Samassi, si creano anche tre villaggi: Santa Lucia, Sant’Anna e Baralla nelle località tuttora conosciute con gli stessi nomi. In seguito essi si spopolarono a causa delle carestie ma esistono tuttora reperti che testimoniano la loro esistenza.

Le notizie storiche qui presentate sono tratte dal volume:
Antonio ZACCHEDDU, “Le pietre dimenticate. Pagine di storia samassese”, di prossima pubblicazione. E’ vietata la riproduzione parziale o integrale non autorizzata.

Il Medioevo e il Feudalesimo
Con l’avvento dei Genovesi e dei Pisani il villaggio di Samassi passa dal Giudicato di Cagliari a quello dei conti della Gherardesca. In seguito morte del conte Ugolino (1288) condannato per alto tradimento anche Samassi passa sotto il dominio diretto dei Pisani. Durante questo periodo la Chiesa di San Geminiano viene restaurata ed ampliata.
Le prime attestazioni dell’esistenza dell’attuale villaggio sono assai antiche. “Esso, infatti, già appare citato col nome di Simassi in uno storico documento del 1119. Ricompare poi, come Semassi, nel trattato stipulato tra i giudici Guglielmo e Ugo di Bas, per delimitare nel 1206 i confini dei rispettivi giudicati e ancora, invariato nel toponimo, in un successivo documento del 1226, col quale Benedetta di Lacon concedeva ai monaci di San Giorgio di Sepollu de “paschiri et acquari” il loro bestiame “daa serra manna fini ad s’oliastru de semassi kesti paris cum sortu de suta billa”.

Nel periodo medioevale l’abitato di Samassi, forse perché più popolato e con una tradizione storico-culturale alle spalle, resistette al depauperamento umano della zona circostante. All’epoca dei Giudicati, nel XIV secolo, Samassi appartenne alla curatoria di Gippi, nel Giudicato di Cagliari, passando così dal dominio pisano-genovese a quello, ben più lungo e pesante, degli Aragonesi. È documentata la partecipazione dei rappresentanti del paese ai lavori del primo parlamento sardo, tenutosi a Cagliari nel 1355. Tre anni dopo troviamo Samassi con Orroli sotto Malganto di Ampurias; poi con Baralla sotto Cruillas, dopo la cui morte tornò sotto il dominio diretto del re. Nel 1391 il borgo fu dato ad Antonio Podialto; passò poi alla figlia di lui Giovanna, moglie di Marco di Monte Bovino, successivamente a Giovanni di Monte Bovino e infine a Podialto di Jagomovens che lo vendette a Francesco Grillo. Nel 1421 il re Alfonso II diede il feudo di Samassi a Marco Monthoi con Gesico e Goni della regione di Siurgus.
Nei secoli XV e XVI si assistette quindi al passaggio del feudo di Samassi, per successione o per vendita, a diverse casate nobiliari: si succedono così, spesso per l’assenza di eredi maschi diretti, Giovanni Montbuy (1430), Francesco e Antonio d’Eril (1460), Salvatore Aymerich (1533), Mattia Cavaller (1543), Anna e Emanuele di Castelvì (1549), Giovanni di Castelvì (1587), Giovanni Battista Castelvì (1607), Caterina e Anastasio Castelvì (1657), Giovanni Tommaso di Castelvì (1709), Maria Caterina e Gabriele Antonio Aymerich (1712), Salvatore di Castelvì (1722).

Le notizie storiche qui presentate sono tratte dal volume:
Antonio ZACCHEDDU, “Le pietre dimenticate. Pagine di storia samassese”, di prossima pubblicazione. E’ vietata la riproduzione parziale o integrale non autorizzata.

 

Il Periodo Sabaudo

Passata frattanto la Sardegna alla corona sabauda, nel 1726, don Salvatore di Castelvì, ultimo nobile possessore del feudo, muore senza lasciare eredi diretti. Il feudo nel 1736 viene così trasformato in marchesato e viene venduto ad Antonio Simon Squinto. Il 9 Marzo 1737 il paese accoglie per una notte il re Carlo Emanuele III e la sua corte. Il marchesato passa nel 1747 a Giovanni Battista Simon Squinto e poi nel 1789 a Giuseppe Simon Squinto Carcassona il quale però non ottempera a tutti i suoi doveri di suddito e fa anzi nascere il sospetto di tradimento. Nel 1806 Samassi riceve la visita del re Vittorio Emanuele I e della moglie Maria Teresa d’Austria Este. Nel 1839 il feudo passa a Luigi Ricca di Castelvecchio che sarà l’ultimo marchese di Samassi a seguito del riscatto dei feudi sardi voluto dal re Carlo Alberto che nel 1840 acquisirà definitivamente tutti i beni al demanio dello Stato e Samassi entrerà appieno nel sistema amministrativo piemontese.
Samassi fu uno dei primi comuni a istituire nel 1824 le scuole pubbliche, sfruttando il convento agostiniano che ancora oggi ospita le Scuole Elementari. Poco effetto produsse a Samassi l’editto delle chiudende, che interessa pochi e non produce mutamenti culturali e sociali sensibili. Il tenore di vita assai misero dei vassalli non viene migliorato neppure dall’abolizione delle prestazioni feudali, voluta dalla Regia Delegazione nel 1837, così come non avevano dato alcun risultato in tal senso né il Monte Granitico né il Nummario, che pure erano stati introdotti nei secoli XVII e XVIII a difesa delle classi deboli. Nel 1838 Carlo Alberto dà il via ai lavori di prosciugamento e bonifica degli stagni di Samassi e Sanluri, operazione finalizzata a rendere più salubre il clima e ad acquisire all’agricoltura, al pascolo e al legnatico nuove terre; i lavori tuttavia si riveleranno più complessi del previsto e si concluderanno solo nel 1938.

Negli anni successivi la storia samassese è fatta per lo più del quotidiano stato di difficoltà in cui versavano i contadini, acuito dall’alternarsi di siccità e di improvvise e mal controllate piene del fiume Mannu. Nel novembre 1846, dopo l’ennesima nuova inondazione del paese, il sacerdote Sisinnio Fanari invita i popolani a ribellarsi contro l’inerzia del Consiglio Comunicativo. E sempre legato alla violenza distruttiva del fiume è l’ultimo fatto rilevante della storia samassese recente: l’inondazione del 17 novembre 1898 – che dall’anno viene ricordato come S’Annu ‘e s’unda (L’anno dell’onda) – che, pur senza causare vittime, distrusse metà del centro abitato causando danni talmente ingenti da richiedere l’intervento dell’esercito in soccorso delle popolazioni colpite e da indurre nella primavera successiva il Re d’Italia Umberto I e la Regina Margherita a visitare il villaggio distrutto.
Le notizie storiche qui presentate sono tratte dal volume:
Antonio ZACCHEDDU, “Le pietre dimenticate. Pagine di storia samassese”, di prossima pubblicazione. E’ vietata la riproduzione parziale o integrale non autorizzata.

Ultimo aggiornamento: 08/03/2024, 11:58

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